Micheal Ende – 1992 – Selezione di brani significativi.
“…Per un po’ vi fu silenzio, poi il vecchio emise un rumore ansimante, che poteva essere una risata silenziosa.
«E’ così che gli uomini trovano ogni cosa, le ossa dei mostri antidiluviani, gli uomini-bestia… e perché? Perché li cercano. E’ così che hanno creato il mondo intero, pezzo dopo pezzo, e dicono che sarebbe stato Iddio, a crearlo. Ma osservatelo bene, questo mondo, così com’è oggi, pieno di inganni e contraddizioni, pieno di crudeltà e violenza, pieno di avidità e di sofferenza insensata, nel grande come nel piccolo. E allora ditemi: come avrebbe potuto Dio, che pure viene detto il Giusto, il Santo, creare qualcosa di tanto incompleto? E’ l’uomo, il creatore di ogni cosa, eppure lo ignora. Non vuole saperlo, perché ha orrore di sé stesso, e a ragione. Anche Colombo, allorché scoprì il nuovo mondo, anche lui non volle credermi, quando gli dissi che lo aveva creato cercandolo, perché pensava di cercare qualcos’altro»”
“… Se ben comprendo questa considerazione di Gógora – secondo cui per l’esperienza della realtà occorre, oltre al dato puramente fattuale, anche una coscienza che giunga all’esperienza stessa, portando così a compimento quello stesso dato fattuale – che potrebbe essere azzardato trarne la conseguenza che la forma della realtà dipenda dunque dalla forma che è propria alla singola coscienza. Tuttavia, poiché quest’ultima non può, come è noto, dirsi identica per tutti gli uomini e per tutti i popoli, può ragionevolmente supporsi che nei vari luoghi della sfera terrestre vi siano realtà differenti, o addirittura che nello stesso luogo possano presentarsi molteplici realtà.”
“… Secondo la dottrina ufficiale, che nessuno osava mettere in dubbio, il mondo di Mizraim, universo labirintico di corridoi, scale, aule, gallerie, camere e caverne, ove viveva, lavorava, dormiva e si riproduceva il popolo delle ombre, costituiva l’unica realtà possibile. Grandi sapienti avevano calcolato che l’intero sistema di catacombe, pur non essendo infinito, era purtuttavia illimitato. Una curvatura impercettibile degli spazi faceva sì che un ipotetico viandante, procedendo sempre nella stessa direzione, pervenisse, dopo un viaggio di lunghezza inimmaginabile, al punto di partenza, provenendo dalla direzione opposta a quella verso cui si era mosso. Sarebbe stato inoltre del tutto indifferente, da questo punto di vista, se a tal fine si fossero utilizzati corridoi e tunnel già esistenti, oppure se si fosse proceduto a scavarne di nuovi, in una qualunque direzione. La questione su che cosa potesse esservi oltre i confini di Mizraim era stata da allora definitivamente smascherata come irragionevole, e non era più stata posta. L’esistenza di un esterno era del tutto impossibile, poiché la sua esistenza ne avrebbe per l’appunto fatto una regione di Mizraim, trasformandola di conseguenza in un non-esterno. L’unica cosa che fosse sempre esistita e che sempre sarebbe esistita erano le catacombe. A causa di ciò, ogni interrogativo riguardo a come vi si fosse pervenuti veniva a sua volta considerato espressione di un’ignoranza infinita, della quale farsi beffe oppure sorridere comprensivamente. Poiché non vi era una via d’uscita, non poteva esservi una via d’entrata. Segno di grande cultura e di chiarezza mentale priva di illusioni invece, tra le ombre, l’accontentarsi del fatto di trovarsi lì, senza cercare in questo un senso o un motivo. La coscienza di non abbandonarsi ad alcun tipo di illusione rendeva anzi i sapienti alquanto orgogliosi, e per tale motivo essi potevano così attribuirsi il titolo di «disillusi», ovvero di «disillusori». L’intero popolo delle ombre riteneva, di conseguenza, che fosse vero soltanto ciò che aveva l’amaro sapore della delusione.”
“… In fondo, si disse, se il tempo significava mutamento, esso non esisteva affatto, vi era solo l’eterno ripetersi di un medesimo presente, incessante e amorfo. Il tempo sembrava una pappa densa, che bisognava costantemente rimestare perché restasse in movimento. Appena si ritraeva la mano, esso si fermava senza alcuna differenza tra un prima o un dopo, come se non fosse mai stato in movimento.”
“…«In definitiva», proseguì alla fine, iniziando a muoversi lungo la parete a vetrate, così che Iwri doveva ruotare per seguitare a vederla, «l’unico scopo del complesso sistema elaborato da Bechmoth consiste soltanto nel causare la sofferenza delle sue vittime. Tu, piccolo mio, hai potuto provare a tue spese che cosa significhi. Perché lo vuole? Credo che la fame di potere assoluto sia a sua volta una sorta di dolore, che può lenirsi solo con le sofferenze altrui. I patimenti che infligge gli concedono forse un qualche sollievo. Ma in fin dei conti questo per noi è irrilevante. Non è Bechmonth ad avere bisogno di aiuto, sono le sue vittime. Sono un medico, come sai, e l’etica della mia professione mi impone di aiutare chi soffre. So bene che se ne può discutere in eterno, ma alla fine tutto si riduce ad un’unica, semplicissima verità: il bene è ciò che riduce o impedisce la sofferenza; il male, tutto ciò che ne è la causa o l’aumenta. Con il nostro medicinale, il GUL, nella maggior parte dei casi impediamo che la sofferenza abbia inizio. E dove è già presente, possiamo ridurla fino al di sotto della soglia percettibile da parte di chi ne è colpito. Una sofferenza che non sia percettibile è come l’assenza di sofferenza. Si potrebbe affermare che il GUL è una sorta di anestetico, un narcotico specifico in grado di rendere insensibili nei confronti dei metodi di tortura di Bechmoth, che lascia tuttavia inalterate tutte le altre funzioni. Nella maggior parte dei pazienti basta anche una dose minima, somministrata loro attraverso il cibo, senza che lo sappiano. In casi più difficili è necessario iniettare loro una dose più forte. In casi molto rari sembra invece esservi una sorta di resistenza, congenita o acquisita, nei confronti del nostro medicinale. Questo sembrerebbe appunto il tuo caso, piccola ombra. Possiamo solamente constatarlo, finora non ne conosciamo i motivi. A quanto pare, tu non te ne sei accorto, ma durante molte fasi di sonno, ti abbiamo somministrato il GUL in dosi massicce, per via ipodermica, senza che esso avesse la minima conseguenza.»”
“…«Certamente», rispose il vecchio, «questo è quello che fa. Ma come? Somministra loro quella droga maledetta, che fa loro dimenticare ogni cosa. Dimenticano di essere prigionieri, dimenticano che non sono sempre stati il popolo delle ombre, dimenticano che oltre le catacombe di Mizraim vi sono altri mondi, dai quali vennero un tempo. Dimenticano il prima o il dopo, dimenticano ogni domanda e ogni desiderio. Certo, sono tranquilli e soddisfatti dell’esistente, perché non hanno ricordi e non possono fare confronti. Hanno solo l’attimo in cui vivono. Gli schiavi non conoscono altro che la schiavitù: sono schiavi obbedienti. I prigionieri che conoscono soltanto la vita di prigionia, non soffrono della loro mancanza di libertà.»
“…Tra la folla, eccitata, si andava diffondendo un senso di incertezza. Qua e là scoppiarono liti. Ci volle un po’ prima che tornasse nuovamente la calma. Bechmoth allora iniziò a parlare, prima con una voce stanca e rotta, ma poi con sempre più forza.
«Lo so. Adesso mi odiate. Vi hanno convinto che io vi ho tenuto prigionieri, per saziare la mia sete di potere, godendo delle vostre sofferenze. Non è così? Vi è stato detto che questo infinito sistema di catacombe, il mondo di Mizraim, non è che un carcere immenso, nel quale marcite. Che io sono il direttore di questo carcere, che vuole tenervi tutti in uno stato di schiavitù assoluta. Non pensate forse questo? Ma io vi chiedo – e vi prego di essere sinceri con voi stessi – chi tra voi ha mai sofferto sotto di me? Chi marciva sotto il mio giogo? Non eravate forse, tutti voi, soddisfatti della vostra esistenza, quando le cose andavano ancora come un tempo? Non ci siamo forse occupati del vostro benessere? Chi tra voi- ma siate sinceri -, chi tra voi si è mai sentito prigioniero, che ne era infelice?» «Io!» gridò Iwri.
Il plumbeo sollevò una mano a indicarlo.
«Soltanto costui», disse, «uno solo, dunque, tra voi. E’ diverso da voi, è un caso isolato, non appartiene a voi.»
«Ma ora», lo interruppero numerose voci, «ora tutti proviamo la stessa cosa. Prima eravamo ciechi, non sapevamo che cosa ci accadesse. Solo lui ci ha aperto gli occhi. Adesso sappiamo che ci avete fatto.»
Per la prima volta, intervenne la Consolatrice.
«Lo sapete? Davvero? Sapete soltanto quello che vi ha detto quest’unica persona. Ma che cosa vi ha detto? Vi ha detto forse di essere stato lui, e lui solo, ad avervi trascinato nella sofferenza? E’ stato lui a distruggere gli impianti in cui producevamo il medicinale che fino ad oggi vi ha risparmiato ogni dolore. E’ lui soltanto ad avere la responsabilità del fatto che ora questo non sia più disponibile. Vi ha forse chiesto se volevate farne a meno, oppure no?»
«Come avrei potuto chiederglielo prima?» avrebbe voluto esclamare Iwri. «Non mi avrebbero nemmeno capito.» Ma non fece in tempo a dirlo.
«Ha deciso per voi tutti, semplicemente»“, proseguì la dottoressa. «Ma vi ha detto perché lo faceva? Perché era l’unico sul quale il siero non facesse effetto, l’unico che non potesse venire aiutato da esso. Questo è il motivo per cui ha deciso di farvi ammalare, tutti, in modo che possiate condividere le sue sofferenze, perché facciata il suo volere, dato che da solo non sarebbe mai stato in grado di aprire questa via di uscita dalle catacombe di Mizraim. Ditemi voi, allora chi è stato ad usarvi, chi vi ha reso suoi strumenti. E’ stato lui, quello che vi impone ogni sofferenza, ogni timore, ogni disperazione, pur di raggiungere così i propri scopi, o siamo stati noi, che abbiamo fatto di tutto per proteggervi da questo?»
Il popolo delle ombre era confuso. Verso Iwri si volsero facce dubbiose, sospettose, alcune piene di odio.”
“…Se le storie di Theres erano inesauribili, il fanciullo era un ascoltatore veramente straordinario. Sempre desideroso di sentirla narrare, andava pregandola e sollecitandola continuamente a proseguire con i suoi racconti, anche nel caso di storie già udite centinaia di volte e conosciute oramai a memoria. Mentre ascoltava gli brillavano gli occhi, come a lei brillavano nel cantilenare i suoi mormorii. Egli provava un’acuta nostalgia per quel mondo in cui il sovrannaturale era quotidiano e il meraviglioso era ovvio. Era a esso che in realtà apparteneva, era lì che era di casa. Per lui non vi era dubbio alcuno che quel mondo esistesse, e che fosse anzi contenuto nella realtà esterna, come le castagne lucenti lo sono nel loro guscio spinoso.“
“…«Ragazzo», disse il vecchio con un sospiro, «io ho più del triplo dell’età tua, e sono stato ovunque, ho girato il mondo. Ho sentito parlare di santi che dicendo messa iniziavano a levitare per l’ispirazione… Purtroppo, ahimè, proprio quando arrivavo io a vederli non accadeva, una volta tanto. Guarivano imponendo le mani, ma tre giorni dopo i malati morivano egualmente, poveracci. Ho sentito dire di alchimisti famosi, che tramutavano il piombo in oro spargendovi sopra una polvere rossa, la pietra filosofale. Mi sono recato da loro e sono stato a guardare, e ho scoperto che usavano un trucco, e io sapevo farlo ancor meglio di loro. In Oriente – sono stato anche lì – ho sentito di grandi maestri delle dottrine segrete. Sono andato a cercarli, li ho trovati, ed essi parlavano e parlavano, spiegando il mondo intero, il cielo e la terra, e andavano predicando la fratellanza, quei santoni lì, la pazienza e l’amore per gli esseri umani, ma tra loro bisticciavano e tutti litigavano come pescivendole, intrigando come cortigiani. E perché? Perché ciascuno di essi voleva essere il vero Giacobbe, l’unico e il solo, il più iniziato degli iniziati. Ho parlato con profeti che a quanto si diceva fino ad allora avevano sempre azzeccato le loro previsioni, perché Iddio personalmente o la Madonna aveva loro rivelato che cosa stesse per accadere e quando dovesse finire il mondo e giungere il giorno del giudizio universale. Loro stessi ci credevano, sì, ci credevano davvero! E così pure i loro seguaci, che ci si preparavano diligentemente. Però il mondo gira ancora e seguita a girare: a quanto pare Iddio ci ha ripensato, e non è successo proprio niente. No, Matto mio, non esistono i miracoli, tranne quelli che facciamo noi stessi, ecco. »