Poesia di Trilussa
In un Paese che nun m’aricordo
c’era una vorta un Re ch’era riuscito
a mette tutto er popolo d’accordo
e a unillo in un medesimo partito
ch’era quello monarchico, percui
era lo stesso che voleva lui.
Quanno nasceva un suddito, er governo
je levava una glandola speciale
per aggiustaje er sentimento interno
seconno la coscenza nazzionale,
in modo che crescesse ne l’idea
come un cocchiere porta una livrea.
Se cercavi un anarchico, domani!
macché, nu’ ne trovavi più nessuno
né socialisti né repubbricani
manco a pagalli mille lire l’uno:
qualunque scampoletto d’opinione
era venduto a prezzo d’occasione.
Certi principî, in fonno, so’ un rampino,
e li partiti, quanno semo ar dunque,
serveno pe’ da’ sfogo ar cittadino
che spera in una carica qualunque
e acchiappa, ne la furia de l’arrivo,
l’ideale più spiccio e sbrigativo.
Pe’ questo, in quer Paese che v’ho detto,
viveveno così, ch’era un piacere:
senza un tiret’in là, senza un dispetto,
ammaestrati tutti d’un parere.
Chi la pensava diferentemente
passava per fenomeno vivente.
Er popolo, ogni sera, se riuniva
sotto la Reggia pe’ vedé er Sovrano
ch’apriva la finestra fra l’evviva
e s’affacciava tra li sbattimano,
finacché nun pijava la parola
come parlasse a una persona sola.
— Popolo! — je chiedeva — Come stai? —
E tutto quanto er popolo de sotto
j’arisponneva in coro: — Bene assai!
Ce pare d’avé vinto un terno al lotto! —
E er Re, contento, doppo aveje detto
quarch’antra cosa, li mannava a letto.
Ècchete che una sera er Re je chiese:
— Sete d’accordo tutti quanti? — E allora
da centomila bocche nun s’intese
che un «Sì» allungato, che durò mezz’ora.
Solamente un ometto scantonò
e appena detto «Sì» disse «Però…».
V’immagginate quelo che successe!
— Bisogna bastonallo! — urlò la folla —
L’indecisioni nun so’ più permesse
sennò ricominciamo er tir’e molla…
— Lasciate che me spieghi, eppoi vedremo…
— disse l’ometto che nun era scemo. —
Defatti, appena er Re cià domannato
s’eravamo d’accordo, j’ho risposto
ner modo ch’avevamo combinato;
ma un bon amico che me stava accosto,
pe’ fasse largo, propio in quer momento
m’ha acciaccato li calli a tradimento.
Io, dunque, nun ho fatto una protesta:
quer «però» che m’è uscito in bona fede
più che un pensiero che ciavevo in testa
era un dolore che sentivo ar piede.
Però – dicevo – è inutile, se poi se pistamo li calli fra de noi.
Quanno per ambizzione o per guadagno
uno nun guarda più dove cammina
e monta su li calli der compagno
va tutto a danno de la disciplina… —
Fu allora che la folla persuasa
disse: — Va be’… Però… stattene a casa.